Commentario del 2.01.2017

IN PRIMA PAGINA
Il terrore all'attacco della Turchia (Stampa). A Istanbul la strage dei ragazzi in discoteca (Corriere). Il killer in fuga urlava: "Allah Akbar". I servizi turchi: c'è la firma dell'Isis (Messaggero). Aliozcan: "Così Erdogan ha perso il controllo" (Stampa). Shafak: "Non siamo più la porta tra Medio Oriente e Europa ma il fronte dell'islam radicale" (Repubblica). Sul Messaggero l'allerta di Londra: jihadisti pronti ad attacchi chimici (Messaggero). Dall'estero a Roma, al messaggio di Mattarella: "Basta odio e fare presto nuova legge per votare" la sintesi di Repubblica. Per QN Mattarella allontana il voto. Gelmini: "Ma quale legge elettorale? L'emergenza è il lavoro" (Giornale). E Berlusconi pensa a larghe intese (Corriere). Sul Corriere intervista al ministro Calenda: una rete a tutela di industria e made in Italy. Su QN parla il ministro Costa: "Dal bonus maternità a quello per l'asilo. Scattano gli aiuti alle famiglie". Sul Messaggero la caccia del Tesoro ai fondi per il "salva Banche". Sul Giornale la stangata delle tariffe: rincari per 160 euro. Su Libero e QN processo all'euro, che oggi compie 15 anni. Sul Sole la pagella delle Università: Verona e Trento al vertice. Su tutti la bomba contro CasaPound a Firenze: grave un artificiere.

ITALIA-POLITICA
"Basta odio e fare presto una nuova legge elettorale per votare": così Repubblica (in prima e a p. 10) sul discorso di fine anno di Mattarella. "Ma l'occupazione è la prima emergenza", sottolineano tutti, e tra le righe Fatto (p.6), Giornale (p.7), Libero (p.3), QN (p.9) colgono nelle parole del Capo dello Stato uno stop alle elezioni anticipate, in sintonia non solo con Berlusconi e a Alfano ma con una vasta area del Pd contraria a Renzi. Orfini al Corriere (p.10): "Se riusciamo a far partire la nostra road map si po' votare a giugno con una nuova legge elettorale. Se gli altri partiti ci lasciassero soli nel tentativo di cambiarla si dovrà votare con i sistemi indicati dalla Corte Costituzionale", anche in primavera. "La democrazia non è un problema". Quello di Orfini è anche il Renzi-pensiero, che non vuole lasciare al Parlamento la trattativa sulla legge elettorale ma vuole spostarla a un tavolo con i leader dei partiti con l'obiettivo di anticipare alla primavera le elezioni (Messaggero p.7). Diverso l'orientamento del ministro Calenda, che in una lunga intervista al Corriere (p.15) di fronte alla grave "fragilità" dell'Italia evoca la grande coalizione: "Nessuna forza politica, da sola, potrà portare il fardello delle scelte che si renderanno necessarie. La legge elettorale va disegnata tenendo presente questo scenario che chiamerà probabilmente una grande coalizione". Anche Berlusconi, per il Corriere (p.13) punta a una grande coalizione alla tedesca tra Pd e Forza Italia, considerando impraticabile un'alleanza con la Lega di Salvini. E spera nel sistema proporzionale e che non si voti prima dell'autunno. Toti a Repubblica (p.13):  "Berlusconi ci ripensi, non si torni al proporzionale, stile Prima Repubblica: la gente ci punirebbe. Meglio il Mattarellum, poi al voto subito", col centrodestra proiettato verso il "soggetto unico" con la Lega e la classe dirigenti e i programmi selezionati con le primarie

ITALIA-ECONOMIA
"Italia Paese fragile, dobbiamo metterci in sicurezza con un piano straordinario, ragionare come sistema Paese, tutelare in modo più netto gli interessi nazionali, avviare una vera politica di inclusione sociale per contrastare il populismo anche prendendoci tutti gli spazi di bilancio che servono". Così Calenda al Corriere (p.15), che parla del 2017 come un anno "pieno di incognite e di rischi. E l'Italia affronta questa fase con una fragilità finanziaria, economica, politica, sociale e istituzionale che viene da 25 anni perduti". Da Calenda ampi riferimenti anche all'assalto di Mediaset e alla crisi del Mps: "Dobbiamo ricostruire una rete fatta di grandi aziende pubbliche e private, di istituzioni finanziarie capaci di muoversi all'occorrenza in modo coordinato, tra di loro e col governo. Questo non vuol dire limitare gli spazi di mercato ma essere in grado di reagire quando il mercato viene manipolato per indebolire il nostro tessuto economico". Calenda mette in guardia dal populismo e apre al reddito di inclusione e alle aree di crisi sociali complessa "dove intervenire con strumenti straordinari". E per questo piano straordinario immagina "uno sforzo comune tra tutte le componenti della politica e della società che hanno consapevolezza della gravità della situazione politica". In evidenza su tutti il tema "lavoro", indicato anche da Mattarella nel suo discorso di fine anno come la priorità da risolvere (Stampa p.7 e altri). "Dopo le parole del presidente l'agenda della politica dovrebbe cambiare: su lavoro e giovani serve una svolta – dice la Camusso a Repubblica (p.10) – Se si vuole avere una prospettiva, se si vuole investire giustamente su Industria 4.0 bisogna puntare sulla qualità del lavoro, una strada incompatibile con quella che sostiene i voucher". Sui ticket, dice la leader della Cgil, "nessuna mediazione è possibile". E su Poletti: "Il problema non sono le dimissioni, ciò che va cambiato sono le politiche, a cominciare da quelle sull'occupazione. E bisogna smetterla di dare per scontato che i diritti conquistati negli anni siano da considerarsi privilegi e quindi da negare ai giovani". Sul Corriere (in prima e a p.27) l'analisi di De Bortoli su lavoro e giovani, "un tema centrale ma che non è sentito come un'emergenza nazionale" perché i giovani non sono una lobby e politicamente non contano nulla. Libero (in apertura e con un ampio dossier interno) ricorda i 15 anni dell'euro e riepiloga il parere di 101 tra economisti, analisti e politici che sulla moneta unica hanno cambiato idea. Anche QN (p.12) ricorda l'avvento dell'euro: per Giorgio La Malfa un "sogno spezzato da liti ed egoismi". Troppo diverse le situazioni dei Paesi che si sono uniti. E la Germania ha pesato.

EUROPA
In primo piano su tutti la strage di Istanbul, sospettato numero uno l'Isis. La scrittrice Elif Shafak a Repubblica (p.6): "La Turchia è diventata per lo Stato islamico un nuovo fronte, specie dopo la guerra in Siria. In passato era la porta, il ponte culturale fra il Medio Oriente e l'Europa. Oggi non lo è più. Siamo una società depressa, scossa, traumatizzata". Valli su Repubblica (p.3) ripercorre i voltafaccia turchi, con Erdogan fino a poco tempo fa campione dell'Islam sannita, "sultano" di un progetto neo-ottomano di netta impronta musulmana, e ora membro di un'alleanza russo-iraniana, favorevole alla causa sciita. Un ribaltone storico, per effetto del quale la Turchia di Erdogan ha nuovi amici ma anche un più fitto numero di nuovi nemici. Analisi analoga la firma Olimpio sul Corriere (p.7) parlando di "azzardo di Erdogan", che traditi gli alleati estremisti si ritrova il nemico in casa. Così gli apparati di sicurezza – sconvolti dalle purghe seguite al fallito golpe - sono stati sommersi dalle minacce, mentre l'assassinio dell'ambasciatore russo ad Ankara ha mostrato fragilità e complicità in un Paese dove fondamentalismo, nazionalismo, servizi deviati, provocatori, si trovano a loro agio.


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