Commentario del 26.01.2017

IN PRIMA PAGINA
Italicum bocciato, elezioni più vicine (Stampa). La Consulta boccia il ballottaggio ma salva il premio di maggioranza (Sole). Il Fatto: ora si può votare coi capilista a sorte. Ma sul voto è scontro (Corriere, Messaggero). Bersani: "Prima le regole e poi le urne" (Corriere). Alfano: "Né fretta né melina ma modifiche per armonizzare Camera e Senato" (Messaggero). Cassese: "Bene la corte, ora un patto serio tra forze politiche" (Mattino). Renzi già al lavoro sul listone: con lui Alfano e Pisapia (Stampa). In primo piano anche gli Usa: Trump alza il muro con il Messico. Stop ai rifugiati dalle zone di guerra (Sole e tutti). Il Sole: fine di un'illusione. Ma Trump fa volare la Borsa: Wall Street supera i 20mila punti, mai così bene in 130 anni (Giornale). A Milano è lo scontro su Generali a scaldare Piazza Affari: Unicredit e Mediobanca volano, Generali puntella le difese (Sole, MF). Intanto Mps si prepara a una nuova pulizia sui conti ed emette bond da 7 mld (Sole, MF). Su Messaggero e Fatto il Parlamento indaga su calcio e mafia. "Agnelli incontrava i mafiosi".

ITALIA-ECONOMIA
Sisma, Gentiloni scrive a Juncker: "Il terremoto peserà sui conti per oltre un miliardo" (Repubblica p.24, Sole p.7). Il premier formalizza così la richiesta di sconto alla Commissione Ue: almeno un miliardo da sottrarre alla correzione da 3,4 mld chiesta da Bruxelles nella lettera di due settimane fa. Da Juncker la rassicurazione che farà il possibile per "aiutare l'Italia" Ma Bruxelles aspetta una risposta dall'Italia entro mercoledì su modi e importo della correzione dei conti pubblici, con i "falchi" della Commissione, Katainen, Dombrovskis e Vestager che sembrano decisi a evitare cedimenti e spingono per mettere l'Italia subito sotto procedura di infrazione, esponendo il Paese sui mercati. Oggi Padoan a Bruxelles.
Sul piano interno fa ben sperare il risveglio dell'industria (Repubblica p.26, Stampa 19 e altri): cresce il fatturato (2,4% su base mensile, 3,9% annua), aumentano gli ordinativi sia su base congiunturale che tendenziale. L'Istat certifica un trimestre di crescita per il sistema produttivo italiano. L'auto resta il settore trainante, insieme all'energia: seguono farmaci e abbigliamento. Torna positivo anche l'export. Attesa per il dato sul pil, che verrà diffuso il 14 febbraio: per Bankitalia non dovrebbe andare oltre lo 0,2% e per il2017 fermarsi allo 0,9%. La Cisl: la crescita continua ad essere troppo debole.
Sul Corriere (p.20) i 14 miliardi di tasse che lo Stato non incassa: è il "prezzo" dell'intasamento da ricorsi tributari della Corte di Cassazione. Valgono circa 20 miliardi e poiché lo Stato vince in 7 casi su 10, disinteressandosi dell'emergenza tributaria in Cassazione è come se rinunciasse ad incassare 14 miliardi.

ITALIA-POLITICA
La Consulta ha deciso sull'Italicum: cancellato il ballottaggio, restano il premio di maggioranza a chi supera il 40% (su tutti) e i capilista bloccati. "Ora, se si vuole, si può votare" rilancia l'Unità, ricordando come la legge sia autoapplicativa per stessa indicazione della Consulta. E' applicabile, ma – scrive Giacalone sul Giornale (p.3) – sarebbe da stolti farlo: se ci fosse dignità politica, si dovrebbe creare un sistema rispettoso delle istituzioni partendo dalla indicazioni della Consulta. Geremicca – nell'editoriale della Stampa (in prima e p.22) – mette in guardia: le urne non sono scontate perchè la legge è solo teoricamente applicabile visto che è disomogenea rispetto a quella del Senato. Il ministro Alfano al Messaggero (p.5): "Bisogna armonizzare i due sistemi elettorali, ma non è melina. L'Italicum uscito dalla Consulta si applichi anche al Senato ma con l'aggiunta di un premio di maggioranza alla coalizione vincente (anche senza il 40%) e di un meccanismo di scelta per gli eletti in più collegi. Si può fare con un articolo, due commi e seri righe". Anche Renzi  punta a rimuovere gli ostacoli, coinvolgere Gentiloni e andare al voto entro giugno (Stampa) ma per il Messaggero (p.4) non dà ultimatum per non bruciarsi con Fi, che intanto chiede prudenza. "Così non si può votare – dice alla Stampa (p.5) Romani -. Aspettiamo le motivazioni poi discuteremo". Verderami (Corriere p.5) torna a spingere sulla necessità di un compromesso tra Renzi e Berlusconi, che ora sono divisi su tempi e modi, altrimenti ci sono Grillo e Salvini. Hanno fretta di votare Lega e M5S – con Grillo che, secondo Avvenire (in prima e p.7) punta al 40% con Di Maio premier -. E la Meloni (FdI) a Libero (p.7) dice: "Chi nega la possibilità di votare subito lo fa per rimanere attaccato alla poltrona". Il presidente del Senato Grasso al Fatto (p.4): "Ora spetta al Parlamento fare una legge, ma prima del voto ci sono tante cose per il Paese da fare". Mentre Folli (Repubblica in prima e p.29) segnala la necessità di un passaggio parlamentare per non lasciare ai giudici lo scomodo titolo di legislatori anomali, Sorgi (Stampa p.5) sottolinea come difficilmente si troverà un accordo migliorativo in un Parlamento esausto. Bersani al Corriere (p.6): "Non mi bevo qualunque legge perchè dobbiamo votare. Si può votare domani o tra 6 mesi, ma con i problemi che ha l'Italia vogliamo fare qualcosa?". 

EUROPA
Bruxelles, approvato il piano Mogherini-Commissione Ue sul pattugliamento navale in Libia (Sole p.29, Giornale p.16 ). Il piano prevede la collaborazione tra Libia e stati confinanti per il controllo delle frontiere meridionali, la formazione della guardia costiera libica e la cooperazione tra Tripoli e le agenzie dell'Onu. L'Italia apprezza e in cambio garantisce la riapertura dei Centri di identificazione e espulsione. Dubbi sui fondi a disposizione, 200 milioni di euro. Critico il Giornale: sulla carta il piano è perfetto ma in realtà sarà un buco nell'acqua. Serraj è l'interlocutore sbagliato: la tratta degli uomini vale 300 milioni l'anno e solo Haftar può fermarla. 
In Francia, uno scandalo fa vacillare Fillon (Sole p.10 Corriere p.15). Nel mirino consulenze e stipendi della moglie, favorite dall'influenza del marito. Fillon parla di accuse senza fondamento e chiede di essere sentito dai magistrati ma il colpo all'immagine del candidato dei Republicains è duro.
Nel Regno Unito la Scozia agita di nuovo la minaccia secessionista (Sole p.10): "Entro i prossimi due anni, comunque prima di Brexit, la Scozia potrebbe votare di nuovo per rivendicare indipendenza dal Regno Unito specie se non avremo accesso al mercato interno europeo", dice il leader storico del nazionalismo scozzese Alex Salmond. Intanto la premier May sarà domani a Washington per incontrare Trump e domenica ad Ankara per Erdogan.

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